La storia di Salvatore Bonocore. Al secolo conosciuto come Mago Mariano
Capitolo 6 - La storia di Mago Mariano
La madre lo guardava incredula ed attendeva una reazione. A questo punto Salvatore sedette su una sedia, fissò la madre e le disse:- Non sono un demone, ho soltanto bisogno di capire la mia missione. Nessuno deve imporsi alla volontà mia. Decido io quello che è giusto o sbagliato fare-. Poi, fissando in uno sguardo di ghiaccio l’anziana donna, aggiunse:- Puoi far venire quel signore che vedi di nascosto, a mia insaputa. Sono in grado di incontrarlo, non mi fa paura. In questo modo anche tu ti rassegnerai.
Il guanto di sfida era stato lanciato da Salvatore con grande impeto, ma con la consapevolezza che non avrebbe potuto trovare in quella voce tutta la forza necessaria, perché la stessa voce lo aveva avvertito sui rischi di questo confronto che in quell’epoca il giovane Salvatore, non ancora trasformato in entità esoterica, non poteva sicuramente reggere da solo.
Nonostante tutto il ragazzo si presentò al confronto. In cuor suo Salvatore voleva provare anche questa esperienza per poter ancora una volta sperimentare un qualcosa che lo potesse avvicinare ancora di più al mistero che sempre avvolge gli uomini e in cui egli, fin da giovanissimo si era praticamente tuffato con impeto.
L’incontro avvenne in una vecchia casa che aveva al muro dei parati di stoffa rossa. Salvatore arrivò e fu subito fatto entrare in una stanza piccola dove restò da solo per alcuni minuti. La mamma, che lo aveva accompagnato piena di speranza, rimase invece in una sala d’aspetto in cui non c’era nessuno.
Era un caldo pomeriggio d’estate e nell’attesa Salvatore cominciò a sudare. Il giovane si guardava intorno in quella stanza rossa profumata d’incenso. C’erano delle effigisacre e qualche dipinto orientale. Nonostante fosse teso ed anche impaurito per quello che doveva sostenere, Salvatore provava un senso di ammirazione nei confronti dell’uomo che abitava in quella casa e che era vicino a comprendere i misteri dell’universo esoterico che tanto lo affascinava ed ormai pervadeva la sua vita forse più di quanto non facesse la voce di dentro con il suo corpo.
L’uomo fece ingresso nella stanza vestito di paramenti rossi. Lo accompagnavano due grossi giovanotti che in un attimo cercarono subito di immobilizzare Salvatore.
Immediatamente il giovane si sentì pervaso da una forza sovrumana che gli consentì di divincolarsi e presentarsi a tu per tu con il vecchio esorcista. A questo punto l’uomo fece allontanare i due giovani e rimase da solo con Salvatore. Aveva una spada di bronzo tra le mani e sulla bocca delle strane preghiere che recitava come una litania. Era tutto contratto ed esprimeva attraverso la contrattura dei suoi muscoli tutta la forza che occorreva alla sua anima per scacciare l’entità che ormai si stava per fondere con quella di Salvatore. Fu allora che il giovane sentì per la prima volta uno strano dolore che poi sarà ricorrente nella sua vita e si riprodurrà nello stesso modo ogni qualvolta dovrà esercitare un esorcismo. Il cervello sembrava doversi staccare dalla calotta cranica ed uscire dalle cavità orbitali, poi venne una specie di torpore doloroso da cui Salvatore non si svegliò se non dopo che sicuramente tutto fu cambiato in lui.
Durante quel torpore, in una specie di sogno esoterico, poté vedere quello che si proclamava la sua <
Dopo aver ascoltato in modo nitido queste parole, Salvatore si ritrovò steso a terra supino con una strana bava sulla bocca